Durante il lockdown, la maggior parte delle aziende italiane ha scoperto il mondo dello smart working, in italiano “lavoro agile, intelligente”, che consente alle persone che possono permetterselo di lavorare da casa e di risparmiare, così, tempo e denaro investito in spostamenti da casa a lavoro.
L’emergenza sanitaria ci ha spinti a rivalutare le nostre priorità e a riprogrammare le nostre esigenze: molte aziende hanno messo in cassa integrazione i loro dipendenti e le altre, quelle che non hanno subito particolari arresti dal punto di vista economico e commerciale, hanno optato per lo smart working, permettendo ai lavoratori di gestire i propri impegni nel salone della propria casa (o sul divano, o sul tavolo della cucina).
Così, aziende come Poste Italiane, INPS, Eni hanno svuotato i loro grattacieli e riaccompagnato i propri dipendenti nelle loro case, puntando tutto sullo smart working e valutando un modo tutto nuovo di concepire il lavoro in azienda.
Smart working: il caso Eni
Ed è proprio Eni, su tutti, a rappresentare un vero e proprio unicum, un qualcosa da studiare e da cui prendere esempio. Perché? Perchè i lavoratori in Eni sono in smart working già dal 2017. Stando alle parole dei responsabili di Eni a Roma:
Nelle prime fasi sperimentali lo smart working, utilizzato principalmente come strumento a supporto del welfare aziendale, è stato concesso, fino ad un massimo di due giorni a settimana, ai neo genitori, ai genitori con figli in condizioni di disabilità e ai dipendenti con particolari patologie. Sulla base dei risultati positivi di queste prime applicazioni, lo smart working è stato esteso, secondo logiche organizzative, dapprima a tre società controllate poi, sulla base di un’ulteriore conferma dei risultati positivi, a tutti i dipendenti che operano nelle sedi uffici di tutto il territorio nazionale.
Quando, poi, è esploso il Coronavirus e con lui l’emergenza sanitaria mondiale, Eni ha dovuto velocizzare il processo ed estendere il lavoro da remoto a buona parte dei suoi dipendenti, lasciando a lavorare una piccola percentuale che si aggira intorno al 10/15%. Chi è rimasto, ovviamente, ha dovuto rispettare tutte le normative imposte dai DPCM nel corso dei mesi.
Eni e lo smart working consapevole
A differenza di molte realtà locali, però, Eni ha fatto un passo successivo, rendendo l’esperienza dello smart working per i suoi dipendenti molto più agile e più indipendente. Preoccupata per la qualità dei device dei suoi dipendenti, Eni ha consegnato a coloro che ne avessero bisogno più di 3000 portatili e ha migliorato la qualità e lo spazio delle piattaforme destinate allo scambio di dati e di informazioni all’interno dell’azienda. Sempre secondo le parole dei responsabili Eni:
Il portale intranet MyEni è stato lo strumento che ha permesso ai dipendenti di essere sempre informati in modo diretto, tempestivo e trasparente sulle disposizioni governative, sanitarie e aziendali. Molte le iniziative organizzate da Eni per colmare le distanze tra colleghi, come l’utilizzo di videoconference e di piattaforme di condivisione, la formazione distance su temi attuali per la gestione dello smart working e per il benessere dei dipendenti.
In questo modo, Eni ha potuto migliorare sensibilmente le condizioni di lavoro dei suoi dipendenti in smart working e non ha registrato nessun particolare calo delle vendite e delle prestazioni. Al contrario, in questi anni Eni ha potuto riscontrare personalmente i reali benefici del lavoro a distanza, migliorando i rapporti tra azienda e dipendenti e aiutando i lavoratori a gestire autonomamente i propri tempi e i propri spazi, riducendo all’osso gli spostamenti (e lo stress che ne deriva).