Ansia, malessere, senso di vuoto, mancanza di motivazione e scarsa autostima sono alcuni dei sintomi legati al burnout, un fenomeno multifattoriale che può colpire le persone in relazione al loro contesto lavorativo.
La sindrome di burnout è una condizione sempre più diffusa, dovuta a forte stress e a condizioni di lavoro particolarmente opprimenti. Non è una forma di affaticamento che si risolve con il tempo, ma persiste anche dopo brevi periodi di riposo.
Può colpire tutti i lavoratori, in particolare nei settori in cui il coinvolgimento emotivo risulta alto. Il lavoratore si sente stremato, raggiunge una sorta di esaurimento psicofisico che lo fa sentire stanco, privo di energie e motivazione.
Ti sei mai sentito in questo stato? Pensi che qualcuno intorno a te sia in una condizione a rischio burnout?
Ti dico subito che il burnout si può evitare o affrontare efficacemente con le giuste strategie aziendali.
Se vuoi migliorare l’ambiente di lavoro all’interno della tua azienda in modo che le risorse siano soddisfatte, contattami subito per prenotare una consulenza di coaching. Ti spiegherò come evitare lo stress psicofisico e avere un approccio positivo al lavoro.
Cos’è il burnout?
La sindrome di burnout è una condizione dovuta allo stress cronico mal gestito. Definita esclusivamente come “fenomeno occupazionale” dall’OMS, non viene riconosciuta come malattia o condizione medica.
Il significato di “burn out” è letteralmente “esaurimento”, “crollo” o “surriscaldamento”, tutte parole che descrivono in modo appropriato la sensazione che prova chi viene colpito da questa sindrome. Quando si parla di fenomeno occupazionale si fa riferimento a una conseguenza dello stress accumulato nel contesto lavorativo particolarmente difficile da gestire. Questo aspetto è fondamentale per comprendere cos’è e cosa non il burnout: si tratta di un problema che si manifesta di conseguenza al lavoro con stanchezza, senso di delusione, scarsa produttività che durano nel tempo.
Deriva da forte stress nell’ambito lavorativo che provoca malessere a livello fisico ed emotivo. Si tratta di una condizione difficile da gestire, impossibile da risolvere in maniera rapida. Nonostante abbia origine sul lavoro ha ripercussioni sia sulla vita privata della persona che sulla sua sfera sociale.
La forte sensazione di logoramento psicofisico può avere un andamento altalenante, ma permane anche dopo piccole pause o momenti di relax. Per affrontare il burnout, infatti, non basta una piccola vacanza ma ci vogliono interventi mirati al benessere dell’individuo.
Quali sono i sintomi del burnout?
Depressione, rabbia e difficoltà di mantenere la concentrazione sul lavoro sono alcuni dei sintomi più caratteristici del burnout, comuni con i periodi di forte stress o di depressione.
Tuttavia, ci sono diversi campanelli d’allarme per distinguere il burnout da altre condizioni. In particolare, dovresti fare attenzione alla comparsa delle prime avvisaglie poiché il burnout non è mai improvviso: i segnali iniziali sono di tipo fisico, ma sono sempre accompagnati da forte demotivazione sul lavoro, senso di affaticamento e peggioramento delle prestazioni lavorative.
In genere, la sindrome si manifesta nelle persone particolarmente dedite alle proprie attività, con difficoltà nella gestione dello stress. Il sovraccarico di lavoro, a cui non segue un riposo adeguato, affatica la persona a tal punto da farla andare in burnout, ossia da farle sentire una sensazione di spossatezza e appesantimento enorme.
La stanchezza legata alla sindrome di burnout non passa con il riposo, ma permane anche durante le vacanze, nei weekend o durante i momenti di relax.
E’ fondamentale non sminuire la sindrome di burnout, associandola allo stress. Nelle fasi iniziali i sintomi – mal di testa, difficoltà a dormire, gastrite – possono anche essere confusi, ma ti dico per esperienza diretta che, con il passare del tempo, le persone interessate da burnout hanno lo sguardo spento, sono demotivate e hanno difficoltà a rapportarsi con gli altri. Condizione che non auguro veramente a nessuno e che va prevenuta con forza all’interno delle organizzazioni.
Ti spiego meglio cosa accade in seguito all’esaurimento fisico ed emotivo dovuto al burnout.
Conseguenze fisiche ed emotive
La mancanza di energia è uno dei segnali più nitidi di burnout. Questo si traduce nella difficoltà di alzarsi, lavorare, svolgere compiti semplici e routinari che non migliora nemmeno con il riposo. Nonostante la stanchezza, la sindrome di burnout porta insonnia; dunque risulta difficile addormentarsi, riposare bene e riprendersi dalla fatica cronica.
Molto spesso compaiono tremori, rabbia, senso di paura e di inutilità. A livello strettamente fisico, la sindrome di burnout dà tachicardia, dolore toracico e fiato corto, segnali simili a quelli causati dagli attacchi di panico.
Riassumendo, le conseguenze fisiche ed emotive del burnout sono:
- astenia;
- insonnia;
- difficoltà di concentrazione;
- perdita di attenzione;
- scarsa memoria;
- problemi gastrointestinali;
- cefalea;
- tendenza a mangiare troppo o troppo poco;
- crisi di ansia;
- depressione;
- crisi di pianto;
- irritabilità;
- cattiva digestione;
- difficoltà nella sfera erotica.
Purtroppo le persone affette da burnout tendono anche ad avere pensieri suicidari. Si sentono inutili, hanno una bassa autostima e possono essere sopraffatte dal senso di colpa.
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A livello fisico, potrebbero esserci anche mal di schiena e dolori muscolari.
Ciò che colpisce, tuttavia, sono le ripercussioni del burnout sulla sfera emotiva e personale.
Depersonalizzazione professionale e personale
Il senso di sfinimento e l’esaurimento emotivo caratterizzano le persone colpite da burnout, che non si sentono motivate e non hanno nessuna energia per andare avanti. Manca ogni tipo di spinta a interfacciarsi con gli altri, in particolare con le persone che hanno un qualsiasi legame con la sfera lavorativa: colleghi, dipendenti o superiori, clientela, committenti o pazienti.
Nel burnout si parla proprio di depersonalizzazione in riferimento alla sensazione di vedere la realtà dall’esterno, senza nessun legame con il proprio corpo o i propri processi mentali. Questo distacco si esprime in particolare nell’ambito professionale e personale.
I segnali di depersonalizzazione sono:
- mancanza di empatia;
- cinismo;
- aggressività;
- menefreghismo;
- indifferenza;
- negatività e pessimismo;
- scarsa fiducia nei colleghi e nei familiari;
- sensazione di solitudine;
- mancanza di iniziativa e comportamento passivo;
- demotivazione.
Tra le ripercussioni del burnout sul lavoro va menzionata la mancanza di disponibilità con colleghi, utenti o clienti. Ogni persona viene percepita come un impegno o un fastidio, qualcuno di cui liberarsi in fretta. Non c’è da stupirsi che le persone colpite da burnout si comportino freddamente con colleghi e clienti, senza farsi remore di nessun tipo.
Riduzione dell’efficacia professionale
Come ti ho spiegato prima, il burnout è fenomeno legato al contesto professionale e le prime ripercussioni sono proprio sulle performance lavorative: peggiorano le prestazioni e la persona risulta meno efficiente nel portare a termine le sue mansioni.
Da un lato, emerge un profondo cinismo mentre, dall’altro, cala l’autostima proprio a causa del peggioramento delle performance. Si verifica una vera e propria spersonalizzazione sul lavoro, ossia si ha un distacco forte da quella che è la vita professionale.
La riduzione dell’efficacia professionale in chi è colpito da burnout si manifesta con:
- distacco dal lavoro e dalle proprie mansioni;
- cinismo;
- depersonalizzazione professionale;
- prestazioni scarse sul lavoro;
- ansia per la qualità del lavoro;
- mancanza di fiducia in se stessi;
- insoddisfazione per i propri risultati;
- apatia;
- profonda tristezza;
- irritabilità;
- risultati scarsi;
- perdita di autostima.
La mancanza di autostima dovuta al burnout attiva un circolo vizioso in cui la persona peggiora sempre di più, con risultati che tendono a calare nel tempo. La perdita di efficienza porta scarsi risultati, a cui segue una peggiore percezione di se stessi.
Quali sono le cause?
Non pensare che il burnout sia esclusivamente dovuto allo stress sul lavoro, alle task da gestire o ai ritmi intensi, e che sia sufficiente evitare l’ansia da prestazione per migliorare la situazione. Analizzando le persone colpite da burnout, è chiaro che siamo di fronte a un processo multifattoriale dovuto alle caratteristiche della persona, al contesto lavorativo nel quale si trova e ai rapporti sociali legati all’ambito professionale.
A far saltare gli equilibri, spesso, è una questione di controllo: la persona si sente sopraffatta e non riesce a mantenere in ordine gli elementi che gli danno certezza, come il lavoro, la casa, la famiglia.
A proposito delle cause di burnout, è interessante la descrizione della Dott.ssa Christina Maslach che collega questo fenomeno a sei tipi di problematiche: l’assenza di ricompense, il troppo lavoro, la sensazione legata alla mancanza di controllo, la scarsa corrispondenza tra i propri valori e quelli dell’azienda, le condizioni di lavoro non gratificanti e la mancanza di riconoscimento da parte di colleghi e datori di lavoro.
Lo sviluppo del burnout è favorito da alcuni fattori predisponenti, di tipo individuale, socio-demografico e socio-ambientale. Le persone più colpite sono le donne, coloro che non hanno una relazione stabile, chi ha una personalità autoritaria ed è insofferente a lavorare in team, chi dimostra abnegazione e dedizione estrema al lavoro.
L’ambiente di lavoro incide profondamente sulla persona e costituisce una delle cause principali di burnout. E’ più esposto al burnout chi vive in un contesto lavorativo sgradevole, non ha rapporti con i colleghi e subisce continue richieste o pressioni.
Chiaramente, a ciò si aggiungono il carico eccessivo di lavoro, i conflitti tra colleghi, le molestie, il mobbing e la scarsa gratificazione.
Chi sono i professionisti più a rischio?
Potrà sembrarti strano ma esistono delle categorie professionali particolarmente esposte al rischio di burnout. Si tratta di quei lavoratori in posizioni di responsabilità, di coloro che operano in contesti emotivi molto stressanti, dei professionisti costretti ad avere relazioni forti con i propri clienti.
Le “helping professions”, di cui fanno parte i sanitari, i caregiver, gli assistenti sociali, le forze dell’ordine, gli insegnanti, sono sempre state considerate tra le professioni con il numero più alto di lavoratori colpiti da burnout. Nel tempo, tuttavia, gli studiosi hanno osservato che la sindrome può manifestarsi in qualsiasi ambito lavorativo particolarmente stressante.
Per quanto riguarda i sanitari, sembra che il burnout derivi dall’alto rischio di essere coinvolti emotivamente dalla malattia del paziente e dalle sue implicazioni. Non a caso, possono subire il burnout, in particolare, coloro che lavorano a contatto con pazienti oncologici, malati di AIDS o persone con HIV. Sebbene non sia una professione, sono considerati esposti al burnout anche coloro che accudiscono un familiare malato o non autosufficiente (persone affette da demenza, figli disabili).
Anche tra gli insegnanti c’è una componente emotiva importante, aggravata dalle numerose ore di lavoro e dallo stress, che li porta a creare un profondo distacco dagli alunni.
In questa sorta di chiusura emotiva il lavoratore si sente meno efficiente, perde autostima e sente di ottenere risultati inferiori rispetto a prima.
Segnali per riconoscere il burnout
Ti stai chiedendo se tra i tuoi colleghi o dipendenti ci sono casi di burnout? O se tu stesso hai i sintomi della sindrome di burnout?
Purtroppo non è facile riconoscere il burnout nelle fasi iniziali perché la sua comparsa è lenta e associabile a forme di pesante stress o depressione. Si tratta di una condizione subdola che, a partire da un lento esordio, raggiunge il suo culmine con manifestazioni più profonde e gravi.
Considerando le tre dimensioni di cui abbiamo parlato in precedenza – livello cognitivo/emotivo, livello comportamentale, livello fisico – bisognerebbe fare attenzione a un profondo distacco emotivo sul lavoro ma anche dagli affetti. Il senso di colpa, l’eccesso di zelo e la demotivazione sono altri segnali, così come l’aggressività e l’assenteismo. Un indicatore importante è l’abuso di sostanze stupefacenti o di alcol.
Per aiutarti a riconoscere il burnout ecco un elenco di domande che potresti fare alle persone che ti sembrano a rischio o a te stesso:
- ti senti particolarmente stanco in questo periodo?
- sei infastidito dal tuo contesto lavorativo e dalle attività che devi svolgere?
- sei annoiato?
- soffri d’insonnia?
- non riesci a tenere i tuoi ritmi abituali?
- senti che il tuo lavoro non ha valore?
- fatichi a relazionarti con pazienti e clienti?
- non mangi regolarmente?
- preferisci non fare pause?
- ti ammali spesso?
- non riesci a mantenere la concentrazione?
- mangi male o stai facendo abuso di alcol o sostanze di altro tipo?
- non sei puntuale come al solito?
- vorresti meno responsabilità?
- hai la pressione alta?
Rispondendo a queste domande potrai già renderti conto se c’è qualcosa che non va nella tua vita professionale o in quella delle persone che ti sono accanto.
Come uscire dal burnout?
Uscire dal burnout è un obiettivo serio e difficoltoso che richiede un approccio su vari livelli. La persona colpita da burnout, infatti, non ha esclusivamente un problema personale ma la sua condizione deriva da una serie di fattori sui quali bisogna intervenire.
L’imprenditore ricopre un ruolo decisivo nel prevenire il malessere dei propri dipendenti e rendere l’ambiente lavorativo meno opprimente o stressante. Tanto più che avere dei dipendenti appagati, sereni e con un buon work life balance aumenta la produttività e favorisce la crescita dell’azienda.
Per evitare che la situazione degeneri e l’organizzazione abbia ripercussioni, è necessario adottare le strategie giuste per favorire il benessere aziendale. Ogni azienda ha le sue dinamiche e le sue peculiarità, per cui un percorso di coaching potrebbe aiutarti a sistemare eventuali criticità. Con la consulenza di un coach è possibile creare una strategia personalizzata, focalizzata su tre aspetti importanti:
- organizzazione più mirata delle mansioni, con una suddivisione dei compiti ponderata sulle caratteristiche delle diverse risorse;
- scelta di tool e strumenti per migliorare il flusso di lavoro;
- valutazione periodica dei livelli di tensione e conflitto, così da intervenire in maniera rapida nelle situazioni a rischio.
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