Il mondo del lavoro sta cambiando, per certi versi radicalmente.
Secondo una ricerca condotta da Roy Morgan, compagnia specializzata in analisi e ricerche di mercato, più di 4.3 milioni di persone in Australia sta lavorando da remoto. Praticamente il 32% della forza lavoro nazionale.
Diverse aziende, infatti, stanno rimpicciolendo gli uffici fisici per favorire lo smart working a lungo termine. È una vera e propria sfida, quella che si prospetta in futuro, sia per i lavoratori dipendenti che per i loro dirigenti.
Il lavoro da remoto va gestito in maniera totalmente diversa rispetto al lavoro in ufficio, sia dal punto di vista logistico che da quello emotivo. Dal punto di vista logistico, i dirigenti dovrebbero fornire ai dipendenti tutto ciò che occorre per poter lavorare autonomamente. Dal punto di vista emotivo, però, è altrettanto importante aiutare i lavoratori a gestire eventuali burnout, perché il limite tra il lavoro agile e il sovraccarico lavorativo è davvero molto labile.
IT e HR uniti a sostegno dei lavoratori in smartworking
Per questo motivo, tanto l’IT quanto l’HR dovrebbero collaborare per poter dare un supporto concreto ai lavoratori, per aiutarli a organizzare al meglio i propri impegni e a superare la tempesta che li travolgerà negli anni a venire.
Il settore dell’IT è sempre stato relegato a un ambito prettamente tecnologico e correlato soprattutto alla cybersecurity. Allo stato attuale, però, il panorama della cybersecurity è diventato sempre più complesso e con minacce sempre più sofisticate. Queste minacce, poi, rischiano di essere molto pericolose per i lavoratori in smart working, che a distanza potrebbero non avere il supporto utile a schermarsi da eventuali pericoli.
Com’è possibile evitare problemi di questa natura, soprattutto a distanza? Rafforzando innanzitutto le skills dei lavoratori, anche in ambito tecnologico, preparandoli a eventuali minacce e a una gestione preliminare delle stesse.
L’importanza si un approccio “Zero Trust”
L’approccio ideale da seguire, per le aziende, è detto “Zero Trust”, letteralmente “Zero Fiducia”, grazie al quale tutto ciò che arriva dall’esterno è percepito come una potenziale minaccia e di cui è sempre meglio non fidarsi. L’approccio “Zero Trust” non è un prodotto, ma un mindset, una forma mentis, una metodologia. E se da un lato è compito dell’IT occuparsi del lato tecnico di questo approccio, spetterebbe all’HR spiegare ai lavoratori quanto è importante restare all’erta e non fidarsi subito di ciò che proviene dall’esterno. Per questa ragione, IT e HR devono poter collaborare, perché solo così è possibile una fluidità per i lavoratori in smart working.