Vorresti che la tua attività imprenditoriale avesse finalità civiche, solidali e fosse utile dal punto di vista sociale?
Sappi che non si tratta di un progetto utopico, anzi! Esiste la possibilità di fare impresa nel sociale, portando avanti valori come la cooperazione, la solidarietà e l’inclusività.
La legge, infatti, prevede la possibilità di costituire imprese sociali, pensate per svolgere attività destinate allo sviluppo locale, alla promozione di valori legati alla giustizia sociale o all’inserimento delle persone svantaggiate nel mondo del lavoro. Alcuni esempi sono le società senza scopo di lucro, le associazioni, le cooperative, i comitati, le fondazioni e i consorzi. Tutte realtà in cui c’è un’alta partecipazione dei soci e dei lavoratori, si agisce in maniera democratica e nel rispetto dell’altro, si garantiscono le pari opportunità, a prescindere dal genere o dalle differenze sociali.
Queste organizzazioni si basano su un modello economico di tipo collaborativo riconosciuto dalla normativa e rientrano nell’ambito del terzo settore. Svolgono attività significative a livello sociale, coinvolgendo una pluralità di soggetti e offrendo opportunità di lavoro anche a persone svantaggiate. E, oltretutto, godono di diversi vantaggi dal punto di vista fiscale, come agevolazioni e sgravi.
Per fare impresa nel sociale, tuttavia, sono richiesti requisiti specifici su cui è necessario lavorare in maniera costante. Se stai valutando di aprire un’impresa sociale o hai bisogno di un supporto per capire quale forma societaria risponda al meglio alla tua idea imprenditoriale, sentiamoci. Con una consulenza di business posso aiutarti a districarti nella difficile fase di creazione della tua impresa e a progettarla con un visione più ampia e completa.
Un ente privato che svolge attività di impresa per finalità sociali, solidali e civiche in via stabile e principale è definito impresa sociale. Quest’ultima è attiva nel Terzo settore e ha scopi di interesse generale.
A livello giuridico per rientrare tra le imprese sociali ci sono dei vincoli che riguardano gli utili e gli avanzi di gestione, ossia:
- gli utili e gli avanzi non possono essere ridistribuiti tra i soci dell’impresa sociale;
- è vietato l’utilizzo di questi fondi da parte dei membri dell’azienda, che siano soci, amministratori o dipendenti;
- gli utili e gli avanzi di gestione possono essere reinvestiti solo per fini di utilità sociale o per incrementare il patrimonio dell’impresa sociale.
Inoltre, le aziende che svolgono un’attività economica di utilità sociale hanno altri obblighi:
- oltre il 70% dei ricavi vanno investiti in attività di utilità sociale;
- almeno il 30% dei posti di lavoro devono essere destinati a lavoratori svantaggiati o disabili.
Dunque, per diventare un imprenditore di successo nell’ambito del sociale è essenziale che la mission dell’azienda sia sempre orientata alla cooperazione e all’associazionismo. Non è un caso che le attività permesse alle imprese sociali siano esclusivamente quelle di interesse generale, come i servizi sociali, gli interventi in ambito sanitario, le attività formative, i servizi finalizzati alla salvaguardia ambientale, le attività legate alla tutela del patrimonio culturale, gli interventi per la promozione del patrimonio culturale, la ricerca in ambito scientifico. Questa è solo una parte delle aree in cui può intervenire un’impresa sociale e sta alla creatività dell’imprenditore trovare un ambito interessante in cui muoversi.
Se ti stai documentando su come aprire un’azienda ti anticipo subito che, secondo la legge, sia le organizzazioni private che gli enti ecclesiastici e le organizzazioni religiose possono fare impresa nel sociale.
La possibilità di aprire un’impresa sociale è riconosciuta a tutte le imprese private che esercitano un’attività economica organizzata, così da godere di una propria autonomia di tipo finanziario. Secondo il codice civile, tra le società private rientrano “le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società per azioni, le società a responsabilità limitata e le società in accomandita per azioni”. Come ti ho anticipato, per fare impresa nel sociale, è necessario che l’impresa sia diretta a finalità di interesse generale.
In secondo luogo, possono fare impresa nel sociale gli enti ecclesiastici e gli enti delle confessioni religiose. In questi casi, però, ci sono delle regole più stringenti, ossia: l’organizzazione religiosa può fare impresa nel sociale solo dopo aver stipulato degli accordi preventivi con lo Stato; per tali organizzazioni è prevista l’adozione di un regolamento con la descrizione dei requisiti in possesso dell’organizzazione.
Al contrario, la normativa vieta la creazione di imprese sociali alle società il cui unico socio sia una persona fisica, alle amministrazioni pubbliche e alle organizzazioni che limitano l’erogazione di fondi ai soci.
Se pensi che il fenomeno delle imprese sociali in Italia sia limitato, ti fornisco immediatamente qualche numero per smontare questo preconcetto.
Fare impresa nel sociale è una scelta che nel nostro paese raccoglie molti consensi: secondo il IV rapporto di Iris Network dal titolo “L’impresa sociale in Italia. Identità, ruoli e resilienza”, si parla di 16.557 imprese sociali attive fino al 2021.
Anche a livello di dipendenti impiegati, abbiamo cifre estremamente interessanti. I dipendenti impegnati nelle imprese sociali alla data della ricerca risultavano essere circa 458 mila.
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La forma di impresa sociale maggiormente diffusa è la cooperativa sociale. Le cooperative sociali sono quasi 16 mila e impegnano oltre 450 mila dipendenti.
La maggior parte dei dipendenti lavora nelle imprese sociali più solide e con una storia più lunga alle spalle. Queste ultime, infatti, assorbono circa i tre quarti dei dipendenti totali. Nelle imprese più giovani e costituite da meno di cinque anni, invece, è impiegato l’8% dei dipendenti.
Nel sociale c’è ampio spazio anche per le start-up che rappresentano un terzo delle imprese sociali.
Tra i diversi ambiti in cui è possibile fare impresa nel sociale, quello più gettonato è il settore sanitario, l’unico, tra l’altro, a raggiungere un fatturato superiore ai 2 milioni di euro. Proprio il settore sanitario è quello che raccoglie il maggior numero di lavoratori: le imprese sociali che operano in ambito sanitario hanno una media di 60 dipendenti, mentre le imprese impegnate in sport e cultura oscillano intorno ai 6 dipendenti.
Per fare impresa nel sociale non puoi certo prescindere dalla conoscenza della normativa a riguardo poiché è proprio lì che vengono definiti tutti i requisiti delle imprese sociali.
A livello giuridico, la normativa si occupa di definire le regole per alcuni settori:
- assistenza sociale e sanitaria;
- educazione, istruzione, formazione, formazione universitaria e post-universitaria, formazione extra-scolastica;
- servizi destinati al funzionamento delle imprese sociali;
- salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema;
- valorizzazione del patrimonio culturale;
- turismo sociale;
- ricerca ed erogazione di servizi culturali.
Per quanto riguarda le norme, bisogna pensare che, dal punto di vista giuridico, le imprese sociali sono state riconosciute con il decreto legislativo numero 155 del 2006 recante “Disposizioni in materia di disciplina dell’impresa sociale”.
Una riforma importante del settore è stata apportata nel 2017 con la “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale” inserita nel decreto legislativo numero 112 del 3 luglio del 2017.
Con il decreto legislativo numero 117 del 2017, inoltre, è stata data la definizione di ETS e di RUNTS (il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore). Con quest’ultimo provvedimento, non è più necessario che la pubblica autorità autorizzi le imprese sociali ma è sufficiente che l’impresa agisca nel rispetto delle regole.
Perché è importante fare impresa nel sociale?
Le imprese sociali hanno un forte impatto sia a livello economico che sulla dimensione sociale. Tendono a intervenire fortemente all’interno del contesto in cui vengono inserite, portando a una profonda evoluzione dell’economia e della società.
Sebbene possano muoversi come imprese, in realtà, lo fanno in maniera più etica e sostenibile, puntando all’interesse generale, alla produzione di beni o alla fornitura di servizi di utilità sociale.
Già a partire dagli ambiti in cui esercitano le imprese sociali puoi comprendere quanto profondamente possano influire sul contesto in cui agiscono. Parlo di Green economy, White economy, Blue economy, Orange economy.
Vediamo meglio di cosa si tratta.
Le imprese sociali che agiscono in ambito green si dedicano all’ambiente, all’ecologia e alla sostenibilità ambientale. Per white economy si fa riferimento alle aziende che si dedicano all’assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria. Con la blue economy si incentiva il riuso e il risparmio di risorse grazie all’innovazione tecnologica. Le attività che compongono il lato economico delle industrie creative fanno parte della orange economy, incentrata sullo sviluppo di idee nel settore dei beni e servizi culturali.
Dunque, grazie a questa varietà di ambiti, fare impresa sociale vuol dire promuovere valori come giustizia sociale, uguaglianza, pari opportunità, inclusività, sviluppo a livello locale, maggiore partecipazione dei lavoratori.
Le imprese sociali vengono classificate in due modi: a seconda della struttura oppure in base alla loro mission.
Il progetto ICSEM, distingue le imprese sociali in diversi modelli, che sono:
- organizzazioni no-profit a interesse mutualistico e generale: dette anche Social Cooperative, sono gestite in maniera democratica e hanno una governance multipartecipativa;
- organizzazioni non profit orientate alla raccolta fondi da destinare alla mission: anche dette Entrepreneurial Non Profit, si dedicano ad attività di mercato per aumentare le entrate da destinare alla mission;
- social business: si tratta di imprese il cui fine è quello di aumentare i profitti mantenendo l’interesse generale al primo posto;
- imprese sociali pubbliche: le public-sector social enterprise forniscono servizi pubblici a prezzi più bassi per l’amministrazione pubblica o che offrono prestazioni migliori.
Considerando, invece, le finalità delle imprese sociali che operano nel Terzo Settore si fa riferimento alla classificazione ETS (enti del terzo settore):
- Associazioni di promozione sociale (APS);
- Enti filantropici (EF);
- Imprese Sociali (IS), comprese le cooperative sociali;
- Organizzazioni di volontariato (ODV);
- Reti associative;
- Società di mutuo soccorso (SMS).
A queste ultime si possono aggiungere anche altri Enti del terzo settore (ETS) con finalità non specificate.
Fare impresa nel sociale incide fortemente sul tessuto socioeconomico e garantisce una serie di agevolazioni a livello fiscale.
Tuttavia, è essenziale che la realtà destinata a diventare impresa sociale abbia tutti i requisiti stabiliti dalla normativa, ossia:
- la costituzione della società va fatta con un atto pubblico;
- l’impresa deve essere destinata a finalità di interesse generale, collettivo, sociale o culturale;
- le finalità vanno inserite nel regolamento, o statuto, e devono essere rispettate;
- gli utili delle imprese sociali non vanno ridistribuiti tra i soci. Questi debbono essere reinvestiti nelle attività;
- bisogna redigere il bilancio sociale;
- le attività debbono essere svolte in maniera lecita e responsabile;
- la gestione deve essere quanto mai democratica;
- i lavoratori possono essere costituiti da volontari solo per un massimo del 50%;
- l’impresa sociale deve avere almeno nove soci;
- va costituita con un atto pubblico.
Oltre a queste caratteristiche, un aspetto importantissimo è che l’impresa deve essere orientata a finalità solidaristiche e utilitaristiche.
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