L’emergenza Covid-19 ha temporaneamente eliminato l’obbligo dell’accordo tra aziende e lavoratori.
La ministra Catalfo ha quindi proposto un tavolo di confronto per rivedere l’ormai obsoleta legge del 2017.
E’ infatti necessario definire alcune regole base nei contratti nazionali del telelavoro odierno.
Diritto alla disconnessione, ore di lavoro preimpostate e livelli di sicurezza adeguati, sono solo alcune delle nuove proposte.
Il cosiddetto smart working, altro non è che il vecchio telelavoro, tornato in auge a causa del lockdown.
Durante gli ultimi mesi, milioni di dipendenti pubblici e privati hanno acceso ogni giorno il PC da casa per svolgere gli stessi compiti che prima facevano in ufficio.
Ora che il picco dell’emergenza pare finalmente passato, è necessario ristabilire regole e diritti.
Prima del coronavirus, l’home working riguardava poco più di mezzo milione di italiani. Ora la situazione è nettamente cambiata e va gestita con cura.
Lo smartworking nasconde alcune insidie, come il burnout, provocato dell’allungamento degli orari lavorativi e dall’eliminazione del confine tra vita privata e lavoro.
“Avvieremo un tavolo di confronto per ridisegnare la disciplina del lavoro agile, per affrontare correttamente la graduale riapertura delle attività” – dichiara la ministra Nunzia Catalfo.
La situazione richiede un intervento immediato, in grado di rafforzare la normativa vigente.
E’ necessario inserire nei contratti nazionali un quadro di riferimento, da adattare ad ogni livello aziendale.
Tra le nuove richieste compaiono il diritto a strumentazioni e connessioni fornite dall’azienda, la disconnessione all’orario del pasto e alcune modalità precise per riconoscere la produttività e gli incidenti sul lavoro (anche senza andare in ufficio).
Gli accordi lavorativi recentemente assunti dalle aziende vanno regolamentati; i dipendenti necessitano di un solido sistema di tutele sociali, sanitarie e previdenziali, anche quando lavorano da casa.
Lo smartworking deve basarsi sugli obiettivi, non sugli orari. Richiede un buon livello di formazione, nonché un vero e proprio salto culturale.
In conclusione, la legge del 2017 dovrà essere riscritta con nuove regole, in grado di tutelare il lavoratore anche quando è a casa.